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Stay safe! #43 – 1 giugno

Durante la chiusura al pubblico dell’Istituto, in questa pagina vi proponiamo testi e riflessioni di amici e scrittori, talvolta scritti per l’occasione, scelti ogni giorno per voi. Oggi, Cristina Marconi.

‘Il giardino aperto’

Londra a primavera ha qualcosa di classico, di universale eppure domestico: forse perché ogni suo fiore è stato immortalato nella carta da parati di una zia che non ricordiamo più ma con cui avremmo di certo trascorso volentieri qualche ora nella monotonia delle settimane passate. Marzo è stato splendido e ad aprile i petali dei ciliegi sembravano più che mai i coriandoli di una festa a cui, per la prima volta, non eravamo stati invitati. Dalle immagini di luoghi come Kew Gardens abbiamo visto che lo spettacolo è stato ancora più incantevole del solito. Non sorprende: con l’aria tersa e il silenzio, Londra era più che mai vicina alla dimensione campagnola con cui, in fondo, non ha mai del tutto tagliato i ponti.

«Agli inglesi non piace far vedere i limiti dei loro giardini», mi spiegò un giorno il mio maestro di tanto tempo fa, Remo Bodei, genio felice sempre pronto a una risata. Un’inclinazione nazionale che si è rivelata fondamentale ora che, vent’anni dopo, mi sono ritrovata insieme alla mia famiglia con un giardino condominiale dalla struggente bellezza delabrée come unico spazio aperto in cui inscenare, per qualche ora, qualcosa di somigliante alla nostra vita di prima. La mia bambina Alice ha fin da subito scelto ‘Un due tre stella’ per sfogare l’irrequietezza compressa dei suoi quattro anni in cattività. È diventata bravissima a farsi statua di pietra quando io e il padre ci alterniamo a contare, abbracciati all’enorme olmo la cui crescita secolare sta mettendo a repentaglio la morbida imperfezione di un vecchio muretto.

Verso la fine di Orgoglio e pregiudizio, l’anziana Catherine de Bourgh va a trovare Elizabeth per ordinarle di lasciar perdere il nipote Darcy. «Avete un parco molto piccolo», osserva insolente, prima di aggiungere: «There seemed to be a prettyish kind of a little wilderness on one side of your lawn». L’ho trovato tradotto, assai pigramente, come «un grazioso boschetto da una parte del vostro parco», o, appena meglio, come «una parte del vostro prato» dove sorge «una specie di macchia abbastanza graziosa». Quel «prettyish» ovviamente ha tutt’altro peso: si riferisce a qualcosa di non disprezzabile, non certo fiori ma “una sorta di piccolo selvaticume” che può fare da punto di partenza, da minimo terreno comune perché due inglesi si possano parlare. Il resto della conversazione precipita in una spirale di imperiosa arroganza da parte di Lady Catherine e di ferma risolutezza dal lato di Elizabeth. Nella splendida vecchia serie della BBC le due donne sono disturbate da un vento insistente che scompiglia boccoli, nastri, sentimenti e ordine sociale. Fosse stata regista, la Austen avrebbe fatto lo stesso, credo.

Anche a Londra è tornato il vento e nel giardino di cui non capiremo mai se sia grande o piccolo, con gli alberi rossi, viola e bianchi, si fanno sempre meno partite di ‘Un due tre stella’. Forse è stato un po’ il gioco di tutti noi, in questo inizio di decennio così sventurato da non sembrare vero. Vince chi riesce ad avanzare pur sembrando fermo, ci vogliono pazienza e gioco di gambe, spesso tocca tornare indietro, a volte si resta in una posizione scomoda per lungo tempo. Noi siamo stati sorpresi a Londra, in una città di cui iniziavamo a disamorarci, lontani dalle persone che amiamo e dai luoghi che per noi significano tutto. Tra le piante inglesi ci siamo nascosti, immobili nel nostro giardino senza giardinieri, e a quel disordine molto imperfetto siamo grati, perché è lì che abbiamo trovato l’aria e lo spazio per sentirci liberi. Ora che l’erba sta assumendo con preoccupante anticipo i toni dorati di fine stagione, possiamo imbucarci nella grande festa e goderci le ultime fioriture di una primavera come nessun’altra, a condizione di ricordarci come si fa.

Cristina Marconi, scrittrice e giornalista, vive a Londra. Il suo romanzo d’esordio, Città irreale (Ponte alle Grazie, 2019) ha vinto il Premio Rapallo Opera Prima e il Premio Severino Cesari. Insegna scrittura creativa alla Scuola Belleville

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