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LEONETTA CECCHI PIERACCINI (1882-1977) – EXTRACTS FROM HER NOTEBOOKS

In the following weeks, we will publish some unedited extracts, in Italian, from the personal notebooks of painter Leonetta Cecchi Pieraccini. The student of one of the leading artists of the Macchiaioli group in Florence, Giovanni Fattori, Leonetta moved to Rome in 1910 when she married literary critic Emilio Cecchi. Emilio and Leonetta’s house became a favourite haunt of some of the most famous intellectuals and artists of the time and it was there that Leonetta started keeping journals. The writings we will publish on our website are insightful descriptions of her and her husband’s friends and acquaintances – from the likes of Vincenzo Cardarelli and Cesare Pascarella to Alberto Moravia and Graham Greene. In the next few weeks, our readers will be able to enjoy the countless illuminating anecdotes and observations scattered through her notebooks, which she kept until 1971.

Texts and images are courtesy of Gabinetto Vieusseux-Archivio Contemporaneo ‘A. Bonsanti’ and Regione Toscana owner of the Fondo Emilio Cecchi.

Nelle settimane che seguono pubblicheremo alcuni estratti dai taccuini personali di Leonetta Cecchi Pieraccini. Pittrice nata nel 1882 a Poggibonsi ma trasferitasi da giovane con la famiglia a Firenze, ha studiato disegno all’Accademia di Belle Arti, allieva di Giovanni Fattori. Trasferitasi a Roma con il marito, il critico Emilio Cecchi, nel 1910 Leonetta iniziò l’abitudine, che mantenne per tutta la vita, di tenere un diario. È proprio da questi diari che sono estratti i testi che troverete sul nostro sito settimanalmente, preziosissimi scritti inediti dove Leonetta racconta episodi che riguardano i maggiori protagonisti del mondo dell’arte e della letteratura dell’epoca, tutti assidui frequentatori di casa Cecchi. Da Vincenzo Cardarelli e Cesare Pascarella a Alberto Moravia e Graham Greene, sono moltissimi gli aneddoti e le osservazioni che punteggiano i suoi diari, compilati fino al 1971.

I quaderni originali sono attualmente conservati presso l’Archivio contemporaneo ‘Alessandro Bonsanti’ del Gabinetto G.P. Vieusseux di Firenze, e una prima parte è stata pubblicata, a cura della bisnipote di Leonetta, Isabella d’Amico e con un’introduzione di Masolino d’Amico, col titolo Agendine 1911-1929 (Sellerio, 2015). Gli Estratti che troverete sul nostro sito riguardano sopratutto gli anni 1930 e ’40.

Ringraziamo il Gabinetto Vieusseux-Archivio Contemporaneo ‘A. Bonsanti’ e la Regione Toscana proprietaria del Fondo Emilio Cecchi per la gentile concessione dei testi e delle immagini.

Cardarelli

Quattro estratti che vanno dal 1937 al 1948 delle agendine di Leonetta riguardano da vicino il giornalista e scrittore del premio Strega del 1948 Vincenzo Cardarelli: a pranzo, al caffè, alla serata di premiazione dello Strega, il ritratto che emerge del Cardarelli è quello di un uomo dal forte spirito di opposizione, spesso irritabile ma giocoso.

Sabato 30 ottobre [1937]

Cardarelli, Francini, Lele [Fedele d’Amico] a cena. Assidendosi al posto consueto al quale mancava da molti anni, dice Card. “Io avrei mandato del resto un saluto a Cecchi; ma mi ha preceduto la linda calligrafia della Leonetta. È straordinaria lei: cambiano i tempi, cambiano gli eventi e le situazioni e lei rimane la stessa…” Non ho voluto rispondergli per non creare subito rigurgiti amari. E poi: non siamo sempre tutti uguali a noi stessi dal giorno della nascita a quello della morte? Si può cambiare le sorti di un destino anche per un dérangement d’estomac, come dice Conrad, ma le leggi del proprio temperamento ritornano presto a regolare le nostre azioni nella uniformità consueta.

Serata di animose dispute e controversie. In Card. il bisogno di stare all’opposizione è tale che se si accorge che gli ascoltatori sono del suo parere passa rapidamente a dire tutto il contrario. Così è stato per Barilli: “Siamo stanchi di ammirarlo. Scrive benissimo, ma non c’è ragione che scriva di musica dal momento che non se ne intende”. E siccome Lele gli dava ragione: “Un momento: io posso dire questo, tu no perché…” E un seguito di ragioni di biasimo per l’intemperanza di Lele e di diritto alla considerazione da parte di Barilli. Armonia e contrappunto. Don Giovanni di Mozart. Tesi di Card. che Mozart è il Settecento con tutta la severità tragica di quel secolo e l’inquisizione e le rivoluzioni e il pedante cattolicesimo. Don Giovanni è secondo lui giudicato e condannato fin dalle prime battute. Em. e Lele sostengono invece che non c’è giudizio né condanna, ma un’assoluzione generale; o meglio una lontananza misteriosamente superiore al giuoco delle passioni che non è cinismo e neppure religione. Dopo Mozart Gioacchino Belli. “Lo legga, lo legga” mi dice Card. congedandosi. “È un antidoto che le ci vuole”.

Card. dice di Longhi che è uno che ha tutti i fogli da mille in tasca e gli mancano i 60 centesimi per il tram.

30 giugno [1938]

Cardarelli a caffè. Ci ha fatto piacere a me e Suso [Cecchi d’Amico] di fermarsi un po’ con lui. Era tanto che non succedeva. Ma è un fatto che per disinvolti e sicuri si sembri un po’ di timore dei suoi veleni ci sta sempre nel cuore. Suso, senza parere, ha rigirato l’anello di brillanti in modo da far comparire soltanto la fascia di metallo. E io andavo cauta a dare notizie della vita. Infatti “viaggia troppo Cecchi. Di viaggi se ne possono fare due o tre nella vita”. “Purché non si perda, il limite non conta” gli ho risposto. “E tenga conto che Emilio deve guadagnare e sostenere un lavoro giornalistico senza corrispondenza è quasi impossibile”. Ne ha convenuto, ma poi, tanto per contraddire: “Cecchi avrebbe potuto dare un lavoro meno impegnativo per il giornalismo e riservarsi per i libri”. “Mi stupisce che proprio lei dica questo ecc. ecc.”

Era patetico e rimpiangeva gli abbandoni e tradimenti reciproci di quei sei o sette uomini che se fossero stati uniti e fedeli avrebbero imposto la loro potenza all’Italia. “Siamo stati tutti troppo invidiosi l’uno dell’altro. Ora ci troviamo a sostenere una parte che neanche ci meritiamo. Morti d’Annunzio e Pirandello siamo passati con stupore nostro e altrui in un primo piano che non abbiamo la forza di reggere. Io vivo appartato, senza più mischiarmi fra gli antichi conoscenti. Vivo senza veder nessuuno, tranquillo e disperato come comporta la mia età e la mia posizione”.

C’era stata la nomina di Baldini ad accademico. Io sapevo le atroci parole ch’egli aveva profferite e ascoltavo tristemente il racconto della visita di rallegrazione che egli aveva fatto quel giorno stesso a Baldini. “Bella casa: lui stava solo solo nello studio a rispondere al telefono e a leggere mucchi di telegrammi di congratulazione. Va benissimo. Anche Soffici ci sta bene nell’Accademia. Si mantiene giovane e simpatico. Ora faranno Barilli.” “Anche lei”, ho insinuato. “Io non voglio entrarci perché considero un danno l’esser lì dentro. Io non desidero che la salute e un rinnovamento di gioventù per lavorare. Non ho altro desiderio”. E forse era sincero, povero Cardarelli.

Sabato 31 luglio ‘43

Giornata di chiacchiere. Stamani Bompiani e Gianna [Manzini]. Pomeriggio apparizione di Cardarelli. Impaurito. Offeso e impressionato dall’atteggiamento della stampa e di singoli individui che l’hanno personalmente maltrattato. Disperato delle sorti d’Italia. “Cammino come uno che abbia commesso un delitto, e quale delitto infine? Ho scritto una brutta poesia sulla camicia nera. Pensavo di doverne rendere conto soltanto ai posteri”. Gli son di conforto i veri atti compromettitori che scopre in Tizio e Cajo. Lo schiaffo che ha preso Calcagno lo rianima addirittura. “Se se la rifaranno anche con gente che gode già di privilegi presso l’attuale stampa può sperare in un più oculato discernimento. Vorrebbe partire per Argiano, andare da Filippo Lovatelli che l’ha molto invitato. “Ma sono in uno stato che non ce la faccio materialmente a prendere una decisione. Fare un viaggio. E poi arrivo così sprovvisto di tutto. Avrò di che campare un paio di mesi”. Non pensa di poter mai rimettersi a un lavoro letterario. Vuol chiedere a Lovatelli di lasciarlo lì nella sua fattoria con una parvenza d’impiego, ad attender la morte. “io non ho paura della morte naturale, ho paura della morte violenta”.

Sabato 10 luglio ‘48

La votazione per il premio Strega al Russie. [Emilio Cecchi] aveva sul primo rifiutato di intervenire, poi sollecitato da una mia telefonata, è giunto verso mezzanotte. Quando io entro nell’albergo incontro Gianna [Manzini] che non aveva ancora consegnato la sua scheda. Mi prega di passarla subito, mentre lei indugia allo specchio, e di chiuderla non mancando di leggere il nome scritto per far testimonianza ch’ella ha votato Lucia [Longhi, alias Anna Banti]. Io sigillo senza guardare naturalmente. “Leonetta tira verso la Regina Margherita…” dice Baldini nel salutarmi. “Già con tutte queste perle” io rispondo. Ho un vezzo di quattro fili di perlacce e finte ametiste al collo. Lucia passeggia col marito nell’atrio. È molto carina: porta una camicettina di linon bianco tutta spumosa di valenciennes su un’ampia, crocchiante sottana di faille nero. Si sente premiata da tutti gli sguardi che la scrutano con interesse e consenso. Ma entra Cardarelli e la coppia Longhi si eclissa. Cardarelli è infagottato in un pesante pastrano invernale: ride con soddisfatta allegria. “Voglio salutare la mia amica nemica…” dice accostandomisi. Si fa pace e ci mettiamo ad ascoltare i risultati della votazione. Il nome di Cardarelli vien proclamato molto più di frequente di quello della Banti o del Berto. Longhi nel cortile dove si vota incomincia a perdere contegno, e a sogghignare rumorosamente a ogni ritorno del nome di Cardarelli. Questi gognola di soddisfazione: “Sibilla è vera…” egli dice guardandola mentre seria e accigliata apre le schede: ella presiede lo spoglio. E si giunge alla proclamazione: 92 voti a Cardarelli, una quarantina alla Banti. Terzo Berto. Maria Bellonci appare costernata. Nell’imminenza della votazione ebbe il dubbio che la vittoria potesse arridere a Cardarelli, ma non si aspettava né si augurava una differenza così sensibile. I Longhi rientrano nell’atrio e si congedano. “Devo a tuo cognato l’organizzazione di questa buffonata” dice Lucia a Suso [Cecchi d’Amico], intendendo far responsabile Bartoli della candidatura di Cardarelli e dell’affermativo resultato. Emilio investe Maria: “Se volete fare queste gare dovete organizzarle meglio: non si può esporre delle persone meritevoli come la Banti e il Pavese a ricevere umiliazioni sciocche”. E d’altra parte che poteva fare Maria? Le urne procurano facilmente sorprese inaspettate. Il diritto di votare a questo premio Strega viene concesso anche a persone che non hanno molto a che fare con la letteratura. Intanto si udivano commenti di questa specie: “Come si chiama il vincitore?” “Cardarelli” “Oh. È un nome famosissimo. Un clinico di prim’ordine”. “Ma mi pare che il clinico sia morto: e poi si chiama Caldarelli, e infine qui si conferisce un premio di letteratura non di scienza medica”. E gli elegantoni passano ad altri commenti più o meno in questa guisa informati. Flora Volpini con un corsetto tutto ricamato di conchiglie, non si perita di mostrarsi soddisfatta del fiasco della Banti. “È troppo cattiva, e le cattiverie si pagano”. “La verità è che sono antipatici tutti e due” dice Baldini, “ed è inutile stare a dimostrare il contrario”.

  • Organizzato da: ICI London