In the following weeks, we will publish some unedited extracts, in Italian, from the personal notebooks of painter Leonetta Cecchi Pieraccini. The student of one of the leading artists of the Macchiaioli group in Florence, Giovanni Fattori, Leonetta moved to Rome in 1910 when she married literary critic Emilio Cecchi. Emilio and Leonetta’s house became a favourite haunt of some of the most famous intellectuals and artists of the time and it was there that Leonetta started keeping journals. The writings we will publish on our website are insightful descriptions of her and her husband’s friends and acquaintances – from the likes of Vincenzo Cardarelli and Cesare Pascarella to Alberto Moravia and Graham Greene. In the next few weeks, our readers will be able to enjoy the countless illuminating anecdotes and observations scattered through her notebooks, which she kept until 1971.
Texts and images are courtesy of Gabinetto Vieusseux-Archivio Contemporaneo ‘A. Bonsanti’ and Regione Toscana owner of the Fondo Emilio Cecchi.
Nelle settimane che seguono pubblicheremo alcuni estratti dai taccuini personali di Leonetta Cecchi Pieraccini. Pittrice nata nel 1882 a Poggibonsi ma trasferitasi da giovane con la famiglia a Firenze, ha studiato disegno all’Accademia di Belle Arti, allieva di Giovanni Fattori. Trasferitasi a Roma con il marito, il critico Emilio Cecchi, nel 1910 Leonetta iniziò l’abitudine, che mantenne per tutta la vita, di tenere un diario. È proprio da questi diari che sono estratti i testi che troverete sul nostro sito settimanalmente, preziosissimi scritti inediti dove Leonetta racconta episodi che riguardano i maggiori protagonisti del mondo dell’arte e della letteratura dell’epoca, tutti assidui frequentatori di casa Cecchi. Da Vincenzo Cardarelli e Cesare Pascarella a Alberto Moravia e Graham Greene, sono moltissimi gli aneddoti e le osservazioni che punteggiano i suoi diari, compilati fino al 1971.
I quaderni originali sono attualmente conservati presso l’Archivio contemporaneo ‘Alessandro Bonsanti’ del Gabinetto G.P. Vieusseux di Firenze, e una prima parte è stata pubblicata, a cura della bisnipote di Leonetta, Isabella d’Amico e con un’introduzione di Masolino d’Amico, col titolo Agendine 1911-1929 (Sellerio, 2015). Gli Estratti che troverete sul nostro sito riguardano sopratutto gli anni 1930 e ’40.
Ringraziamo il Gabinetto Vieusseux-Archivio Contemporaneo ‘A. Bonsanti’ e la Regione Toscana proprietaria del Fondo Emilio Cecchi per la gentile concessione dei testi e delle immagini.
Moravia e Prezzolini
Tre estratti hanno come personaggio principale il celebre scrittore Alberto Moravia. Nel primo Leonetta Cecchi ci regala regala una descrizione esilarante dell’abbigliamento di Moravia e dello scrittore Giuseppe Prezzolini, per poi riportare una disavventura urbana appena vissuta da Moravia. Il tono cambia decisamente nel secondo estratto del 1938, quando Leonetta riporta il disagio e il dispiacere di Moravia e di Umberto Saba, entrambi di origine ebraica, alla luce delle leggi razziali. L’ultimo ci regala uno scorcio “divertente” nella vita di Moravia con la moglie Elsa Morante durante gli otto mesi di rifugio in una fattoria dopo gli eventi dell’8 settembre del 1943
3 luglio ’38
Moravia e Prezzolini. Questo sempre più pastore protestante di aspetto. L’altro si era ficcato uno stonatissimo abito grigio perla che gli dava un’aria ripulita e pallidona di ragazzo di provincia sposino di fresco. Tutti e due erano eccitati e hanno conversato brillantemente di arte e di politica. Moravia possiede grandi capacità logiche e assimilative. Le sue parole assumono spesso fondamento e peso. Poi si straniano in qualche buffonata. Stasera si irritava a ripensare a un’avventura tramviaria capitatagli qualche ora prima. Il tram era gremito. Lui s’è seduto accanto a una donna del popolo la quale gli disse un paio di volte qualche cosa in dialetto siciliano. Egli non capì, ma interpretò le parole come un invito a mettersi più comodo e magari avrà quella protestato per qualche zampata ricevuta perché Moravia quando sta seduto è irrequieto come potrebbe esserlo un puledro costretto sopra una seggiola. Alla seconda oscura replica della donna egli rispose: “sto bene, grazie”. E non si sarebbe mai immaginato di sentirsi apostrofare dal marito della donna che gli si piantò davanti minaccioso. Moravia si mordeva le mani dalla rabbia a ripensarci: “M’è toccato anche a star zitto per non suscitare uno scandalo. Ma sono ancora umiliato d’aver dovuto subire l’affronto d’un mascalzone siciliano di quella fatta”.
Moravia e Saba
25 dicembre domenica [1938]
Moravia diceva, con la sua violenta energia, del disagio morale sorto in lui, come in altri che ne son colpiti in conseguenza dei provvedimenti antiebraici. Egli è salvo perché essendo di razza mista, è considerato ariano. Non è danneggiato nella sua arte perché può pubblicare: ma invece non gli riesce di scrivere. La Gazzetta del Popolo attende due articoli al mese, da lui, ed egli non ha voglia di farli. “Per orgoglio forse, per mancanza di persuasione: perché non si crede più alla letteratura, perché non c’è ambiente, perché hanno tutto sporcato… Del resto dai venti ai trent’anni io ho lavorato con un entusiasmo e un’intensità che pochi hanno avuto. Ho pubblicato quattro libri, quasi tutti tradotti in molte lingue. Chi sono l’ho già detto; posso anche chiudere…” Ma quando è venuta Olga Signorelli e ha detto che sa leggere la mano, egli ha subito chiesto: “Lavorerò ancora? Avrò successo? avrò lunga vita? avrò salute?” “Lunga vita sì”, dice Olga dopo aver guardato la mano “e sana e successo e ripresa di lavoro. Vita felice. Intorno al polso i tre anelli della fortuna che non sono tanto frequenti. Mano generosa”.
Mentre questa conversazione piuttosto brillante si svolgeva in salotto, nello studio di Em. un altro semi-ebreo gemeva sui suoi casi. Umberto Saba, figlio di padre ariano e di madre ebrea. Ma egli per solidarità con la madre abbandonò fin da giovinetto la casa paterna e ha sempre convissuto con la madre e si è iscritto all’associazione ebraica e ha sposato un’ebrea e ha una figlia ebrea. Ora si trova rinnegato come poeta italiano mentre egli era ambizioso di essere forse il primo. È avvilito e scorato fino a rasentare il pensiero del suicidio. A Parigi un medico gli prescrisse una dose di Veronal per calmarlo e gli disse indovinando il suo pensiero “Non potrete avere un’altra dose che fra una settimana. Per avvelenarvi dovrete mettere insieme quattro di queste dosi. Forse in quattro settimane avrete ripreso coraggio”. E in quattro settimane ritrovò il coraggio di tornare in Italia. Ma non per vivere in pace.
Moravia e Morante
Venerdì 30 giugno ‘44
Visita di Moravia con la moglie. Hanno vissuto per otto mesi in campagna presso Fondi, alloggiando in una specie di stalla annessa a una casa di contadini. Costretti per avere luce a tenere aperta la porta. Elsa stava seduta sopra l’unica sedia, Moravia disteso sopra il letto, o viceversa. Passavano giornate intere a guardare piovere, perché piovve per mesi. Unico libro da leggere La Bibbia. “Ma dopo quindici giorni la Bibbia non si può più leggere”. I contadini della contrada assenti, indifferenti. Analfabeti tutti quanti. Non s’interessavano della guerra, non importava loro di nulla. Quando la guerra si è avvicinata gli episodi sono stati spaventosi. L’evacuazione del Minturno, per la quale fu concessa mezz’ora di tempo è una delle memorie più tragiche che i Moravia abbiano di tante sciagure a cui hanno assistito.
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