C’è un made in Italy anche nell’intelligenza artificiale: e si chiama Minerva. Il suo ‘papà’, Roberto Navigli, professore di Intelligenza Artificiale presso l’Università La Sapienza di Roma, dove guida il gruppo Sapienza NLP, ne ha parlato all’Istituto Italiano di Cultura di Londra, sollecitato dalle domande del direttore Francesco Bongarrà e del giornalista Massimo Sebastiani e di un pubblico affascinato dall’appassionata esposizione di Navigli e fortemente incuriosito dalla ricerca italiana nel settore. Questa famiglia di Large Language Models si chiama Minerva come la dea del sapere e della strategia, la cui statua fa bella mostra di sé al centro del campus romano e dove da sempre gli studenti che stanno per sostenere un esame ne evitano lo sguardo. La Minerva di Navigli e del suo gruppo però non ispira superstizioni perché è un sostegno per il sapere, trasparente, open source e a disposizione di tutti: “Andate sul web e interrogatela – ha detto Navigli – i vostri prompt la faranno crescere”.
Minerva infatti è relativamente piccola per dimensioni e ha bisogno di essere ancora ‘nutrita’ ma Navigli ha spiegato la doppia virtù di questo modello: “Consuma meno acqua e meno energia di ‘mostri’ come Gemini o ChatGPT, ed è quindi più sostenibile, ma può essere più accurata delle sue sorelle maggiori. In più porta l’impronta italiana nel mondo delle generative AI che sono inevitabilmente portatrici di punti di vista, quando non di bias, sul mondo”.
Navigli ha concluso commentando i recenti allarmi sull’IA arrivati anche da padri nobili di questa tecnologia com Yoshua Bengio, vincitore di un Alan Turing Award, il Nobel dell’informatica: “Esiste un gigantesco problema di coordinamento e controllo umano della IA ma sia ben lontani dalle previsioni distopiche di film e libri e dalla possibilità che l’intelligenza artificiale abbia qualcosa che chiamiamo coscienza, senza peraltro essere riusciti a capire cosa sia neanche per l’uomo.”
Prossimo appuntamento all’Istituto Italiano di Cultura di Londra con la neuroscinziata Michela Matteoli.