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L’abbaglio del tempo di Ermanna Montanari

copertina libro

L’abbaglio del tempo di Ermanna Montanari

L’autrice in conversazione con Margherita Laera

Mercoledi 30 ottobre, ore 18.30, IIC Londra

L’Istituto di Cultura di Londra e’ onorato di accogliere Ermanna Montanari, la pluripremiata attrice, autrice, scenografa – 8 volte premio Ubu –  che presenta il suo libro L’abbaglio del tempo (La Nave di Teseo), con i testi in prefazione di Marco Belpoliti e Igort, il secondo affondo dell’autrice sulla natia Campiano, dopo le Miniature Campianesi del 2017 (Oblomov Edizioni). «Un racconto – come lo definisce Belpoliti – davvero unico nella letteratura contemporanea per essenzialità e durezza, per la malia che promana dalle pagine che una volta iniziate a leggerle non ci si ferma più».

Sara’ presente alla serata anche Marco Martinelli, co-fondatore insieme alla Montanari del Teatro delle Albe di Ravenna, che introdurra’ il laboratorio teatrale Classic Jests, Modern Vibes: Aristophanes al Chickenshed Theatre  dal 28 ottobre, seguito dalla performance “Peace” di Aristofane l’1 novembre. Ingresso gratuito, prenotazione obbligatoria.

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Il quotidiano di Ermanna Montanari è segnato dall’essere, fondamentalmente, un’attrice, e nonostante abbia realizzato negli anni scene e costumi, ideazioni e regie, è il palco a continuare a essere per lei il magnete. «I giorni di spettacolo – dice la fondatrice del Teatro delle Albe – sono per me liturgie sacre, tutta l’energia diurna è orientata verso la notte, verso quel buio illuminato dalla luce artificiale dei riflettori». Il tempo della scrittura è invece un tempo “altro”, è un tempo che irrompe, che attende la condizione opportuna per manifestarsi. Così è stato negli anni Novanta per Rosvita e nel 2017 per le Miniature campianesi, quando delle gravi malattie costrinsero Ermanna all’immobilità, a sospendere le tournée. E così è avvenuto nel marzo 2020, quando non una malattia personale, ma una pandemia ha colpito il mondo intero: chiusi i teatri, pressoché annullata la vita sociale, Ermanna Montanari si è trovata a confrontarsi ancora con quel mondo della sua infanzia che è Campiano, «sull’orlo di quel pozzo che è la memoria». Sono così scaturiti 28 nuovi racconti che aumentano e arricchiscono in L’abbaglio del tempo le Miniature campianesi edite da Oblomov: «come se per fermarsi – spiega Montanari – e volgere lo sguardo indietro, fosse necessario un colpo del destino, una decisione dell’altrove. Fermare il tempo, o accettare il fatto che si arresti, per non farsene abbagliare, mi sembra stia qui, per quel che mi riguarda, l’origine della scrittura».
L’abbaglio del tempo è il romanzo vero che racconta «la bellezza affettiva d’un luogo inventato», il libro dei segreti con cui Ermanna Montanari svela il suo, il nostro, luogo dell’anima.

“Si sa quando si entra in questo libro, ma non si sa quando se ne esce, perché sono racconti che penetrano nelle ossa e dimorano dentro te. Voci, conversazioni, che ronzano e rimbombano nei tuoi labirinti interiori, in cui è piacevole smarrirsi.” Igort

“Nel casolare in cui vivevo da bambina c’era una stanza al pianterreno che si teneva sempre chiusa, chiamata “la camera da ricevere”, che per comprarla il nonno vendette la più preziosa mucca da latte della sua stalla. La camera si apriva solo due volte l’anno, a Pasqua e a Natale, per accogliere i parenti, tutti abbigliati nei loro goffi vestiti della domenica. Ci si sedeva sulle sedie ancora ricoperte col nylon e si stava a occhi bassi per il pudore di guardarsi nelle specchiere. La camera da ricevere era un luogo ostinatamente cieco e fantasticamente seducente per la mia curiosità infantile. Quella camera era la cassa di risonanza, il risucchio di tutte le voci della natura, di tutti gli attraversamenti del giorno che la stanza trasformava in notte: le cantilene dei braccianti nei campi, il mugghiare delle mucche nelle stalle e il continuo rimestare di vivande. La camera da ricevere era diventata il nascondiglio dove, senza essere vista, potevo confidare le mie avventure canterine e i miei travestimenti, che da lì iniziarono a prendere forma.
A vent’anni mi sposai con Marco, lasciai Campiano, cominciai a fare teatro. Ho abbandonato la grande famiglia patriarcale, la mia infanzia di figlia con nome da maschio, la loro idea di bellezza. Niente di più falso. Ho creduto di abbandonare. Campiano mi ha attanagliato con la sua potenza ogni volta che soffiavo una parola, che facevo un gesto, e con questo fastidio sono iniziati i miei lavori. Campiano è quella luce che mi devasta. Per quanto non voglia averci a che fare, ogni volta resuscita e trova un buco dove infilarsi.” (Ermanna Montanari)