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Stay safe! #21 – 17 aprile

Durante la chiusura al pubblico dell’Istituto, in questa pagina vi proponiamo testi e riflessioni di amici e scrittori, talvolta scritti per l’occasione, scelti ogni giorno per voi. Un modo di rimanere vicini, anche nella distanza.

Un consiglio di rilettura: Il Decamerone

È successo anche a me, in questo mese scorso, di avere difficoltà a leggere autori del presente e, tra gli altri libri, invece, mi è venuta voglia di riprendere Il Decamerone. L’ho fatto tenendo accanto la riscrittura di Aldo Busi, molto discussa e anche criticata quando uscì trent’anni fa e, per mio divertimento, a certi passaggi dell’originale, confrontavo il testo moderno.

Novella 3.4: “La moglie, che monna Isabella aveva nome, giovane ancora di ventotto in trenta anni, fresca e bella e rotondetta che pareva una mela casolana…”. “Sua moglie Isabella, che era un gran pezzo di gnocca sulla trentina, pronta da cogliere come certe mele tutte rosse…” Non è la mia, in nulla, una critica esaustiva. Dico solo che la riscrittura, nei casi da me confrontati, non tradisce il testo. Lo colora di altro secolo e, come si può vedere nell’esempio dato, non manca certo di colore l’originale di Boccaccio che, nelle novelle, si diverte nei doppi sensi e nelle trovate linguistiche. Lingua non alta, ci tiene a dire proprio il Boccaccio, ma viva. In un successivo racconto della stessa giornata (3.10), per fare un altro esempio, Boccaccio scrive “la resurrezione della carne” intendendo la sopraggiunta erezione in un monaco eremita di fronte a una giovane nuda e non te l’aspetteresti tanta grossolana irriverenza, in un secolo che, quarant’anni prima, ha prodotto “La Commedia” diventata “Divina” proprio grazie alla definizione di Boccaccio. Nella riscrittura di Busi, in certi passaggi, laddove lo scrittore attinge al massimo al contemporaneo, con espressioni veramente “del giorno”, il suo testo si porta appresso un qualche invecchiamento linguistico segno, più che altro, del veloce consumarsi dello slang. La riscrittura del Decamerone di Busi è avvenuta nella seconda metà degli anni ’80 (il libro è uscito nel 1990), periodo di “paninari” e “sfitinzie”, un lustro in cui comici televisivi inventavano la lingua praticamente a scadenze settimanali. Lo slang, per sua natura di esperimento e invenzione, salvo alcune espressioni che restano e diventano lingua, non può che invecchiare presto. Nell’introduzione, la famosa descrizione della peste a Firenze, tra le varie cose, Boccaccio parla della difficoltà a capire la nascita e l’evolversi del morbo e scrive “…la ignoranza de’ medicanti (de’ quali, oltre al numero degli scienziati, così di femine come d’uomini senza avere alcuna dottrina di medicina avuta giammai, era il numero divenuto grandissimo)”, cioè gli esperti che avevano da dire si erano moltiplicati, pur non avendone alcuna competenza. Passano i secoli ma tale rimane la natura umana.

Comunque, se anche a voi è tornata la voglia di Decamerone, l’originale lo trovate ovunque. Ma se la lingua vi affatica, il libro di Busi è lì, con tutti i suoi espedienti per rendere fresche (almeno, una freschezza di fine XX secolo) le irriverenze, l’ironia, le scoccate moralistiche e soprattutto l’affabile intelligenza delle novelle originali.

Paolo Nelli, scrittore

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